Cinque anni fa Carlos Antonio Lozada, nome di battaglia di Julián Gallo Cubillos, era un comandante delle Farc. Non avrebbe mai immaginato di camminare nelle vesti di senatore per i corridoi centenari del Congresso colombiano. Nel novembre del 2016 Lozada ha firmato l’accordo di pace tra il gruppo di guerriglieri e il governo. Un atto di cui non si è pentito, anche se accusa l’attuale governo di avere violato l’accordo. “In quel testo c’è una tabella di marcia di quello che dovrebbe essere il processo di transizione della Colombia verso una società diversa dopo la guerra”, ha detto Lozada.
Ma l’accordo ha messo fine solo in parte allo spargimento di sangue. Per molteplici motivi, le scosse di assestamento dopo la fine del conflitto non sono ancora terminate: ad alimentarle è la violenza dei dissidenti e il perenne contrabbando di droga nel paese. Più di 1.500 persone sono state uccise dalla firma dell’accordo. Per Lozada è la conseguenza di un’applicazione solo parziale del trattato.
“Non applicandolo, non consegnando la terra a chi deve lavorarla, lo Stato nei territori continua a lasciare il potere nelle mani di gruppi politici ed economici, che sono anche legati a economie illegali”, dice l’ex comandante delle Farc.
Restrepo ha anche un messaggio per il Venezuela, paese confinante noto per dare rifugio ai leader dissidenti delle Farc. “In Venezuela c’è una dittatura – sottolinea -. Questa dittatura deve smetterla di ospitare persone che fanno parte di gruppi armati organizzati”.
La Colombia ha ancora molte sfide da affrontare nei prossimi anni. L’influenza dei dissidenti delle Farc, dei guerriglieri dell’Eln e dei paramilitari è ancora molto forte in alcune zone del paese. Il conflitto crea migliaia di rifugiati ogni anno.